22 novembre 2006

 

Lodata da tutti si conclude la prima agenzia online di difesa del paesaggio e dell'arte

Si conclude oggi l’esperimento, durato quindici giorni (dal 7 al 22 novembre 2006), di questa originale agenzia quotidiana sul web di Italia Nostra, aggiornata ora dopo ora. Una novità assoluta. L'incarico ci era stato dato dal presidente di Italia Nostra, Carlo Ripa di Meana.
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Uno strumento di informazione del genere, infatti, non è mai esistito tra gli Enti protezionistici in Italia e, forse in Europa, che di solito sono organismi burocratici e tardi a reagire agli eventi. Ecco perché, conoscendo la scarsa presenza sui mass media e le risposte molto meditate di Italia Nostra, questa inusitata velocità nel riportare i fatti e le notizie, e nel dare almeno una prima risposta, aveva sorpreso positivamente molti protezionisti e giornalisti. Che quasi non credevano ai propri occhi. Così, per 15 giorni abbiamo dimostrato che, solo a volerlo, anche Italia Nostra potrebbe e saprebbe comunicare in modo efficace e moderno, non solo nel prendere posizione sui quotidiani attentati all'integrità del suolo, delle città, della natura e delle opere d'arte, ma anche nel far conoscere alla stampa, agli altri protezionisti, ai propri iscritti e agli stessi dirigenti locali, oltre che al largo pubblico, le proprie opinioni e proposte alternative. Eppure, come càpita spesso alle belle cose nel nostro Paese, questo esperimento sarà probabilmente troncato.
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Lodata da tutti, anche da dirigenti di altre associazioni protezionistiche e ambientaliste (per esempio da Fulco Pratesi del WWF), questa agenzia ha dimostrato che non è impossibile realizzare in modo economico, veloce e dignitoso un efficace strumento di informazione capace di reggere e contrastare i tempi rapidi dei nemici dell'ambiente, dell'arte, della cultura e del paesaggio. Solo con strumenti velocissimi e molto incisivi, e cioè per niente burocratici, Italia Nostra potrà in futuro reggere il confronto impari con i tanti nemici del Bello.
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Ci fermiamo perché ormai il modello è compiuto, abbiamo messo a punto la sua "cifra stilistica", è completo di tutti i suoi particolari più importanti: stile di scrittura, titolazioni, selezione degli argomenti quotidiani, giusto mix tra notizie e commenti di Italia Nostra, possibilità di commenti da parte dei lettori (sono stati provati per 3 giorni), immagini, colori, caratteri e grafica. Tutti elementi valutati e scelti con cura minuziosa in vista d'una impaginazione elegante ma sobria. L'incarico ci era stato dato dal presidente di Italia Nostra, Carlo Ripa di Meana.
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Questo è il modello. Ora la parola spetta agli Organi Statutari di Italia Nostra che il prossimo 15 dicembre dovrebbero valutare e giudicare se approvare l’iniziativa o no. Se invece il Presidente Ripa di Meana si presenterà dimissionario, come appare probabile, è quasi certo che la questione dell'organo di informazione non verrà neanche affrontata. E se questo accadrà, sarà un vero peccato. La nostra bella agenzia dovrà smettere senza neanche il conforto di essere stata valutata dal Consiglio dell'associazione di cui era organo per mandato del Presidente uscente.
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Si è voluto con questo lavoro innovativo, unico tra tutti i club ambientalisti in Italia, fare per la prima volta una comunicazione tempestiva, allargata ed efficace, condita con una certa grinta e, perchè no, con verve. Avendo presente l'idealismo e l'eleganza dello scrittore Bassani, e la forza, la vis polemica, del giornalista Cederna. L'obiettivo è quello di far sentire la voce forte e chiara di Italia Nostra ogni giorno, di uscire fuori dalle lentezze e dai recinti angusti degli organi d’informazione interna delle associazioni, che purtroppo pochi leggono, per aprirsi al web e alla comunicazione "utile" tra le Sezioni, e tra Sezioni e Sede Centrale, per la necessaria dialettica e il pluralismo, coinvolgendo anche gli iscritti di Italia Nostra, se lo vogliono, per allargarsi poi ai giornalisti, agli esperti e tecnici (anche la scienza vuole il suo dibattito), e perfino agli altri Club protezionisti..
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Nell'ambito delle associazioni ambientaliste, è la prima volta che si tenta un esperimento del genere, che ha anche il non secondario vantaggio di essere economico, grazie alla gratuità del mezzo, e prestigioso per Italia Nostra..
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Non possiamo infine nascondere, nonostante che i 15 giorni di prova si siano svolti quasi senza diffusione e pubblicità, la soddisfazione di aver ricevuto risposte entusiastiche di lettori casuali, e complimenti anche da parte di esponenti di Club e Associazioni ambientaliste esterne, alcuni molto noti.
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Per vedere tutti gli articoli finora apparsi, cliccare su "novembre" in Tutti gli articoli (colonnino a sinistra). Dove, sotto il titolo Chi siamo si apre anche una presentazione biografica del curatore del blog.

 

Capolavori trafugati: il Getty Museum non restituisce tutte le opere richieste

Italia Nostra si era tanto battuta per la restituzione di tutte le opera d’arte illecitamente acquisite dai musei americani. E come risultato, nel febbraio scorso, ci fu, innanzitutto l’impegno per il ritorno in Italia, insieme con altre opere, del Cratere di Eufronio nel 2008.
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Nonostante il clima di accordo e cooperazione tra Governo italiano e direzione del Getty Museum sottolineato dai politici e dalla stampa fino a qualche mese fa, come un fulmine a ciel sereno, in una lettera al ministro dei Beni culturali, Rutelli, il direttore del museo di Malibu, Michael Brand, aveva espresso "profondo rincrescimento" per la "mancata intesa" sulla restituzione di due capolavori. Solo 26 opere, di cui è stato accertato l'incauto acquisto, saranno rispedite nel nostro paese, mentre non torneranno - aveva minacciato - due opere molto importanti come l’Afrodite, o "Venere di Morgantina", e l'Atleta di bronzo o "Giovane vittorioso", bronzo attribuito a Lisippo. A proposito dei quali - notava un articolo del Corriere della Sera-online - il Getty Museum ha spiegato che l'Italia non ha dimostrato di essere la vera proprietaria delle due statue.
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"Se da un lato sono determinato a garantire che il J. Paul Getty Museum adempia a tutti i suoi impegni internazionali, dall'altro ho ugualmente l'obbligo di preservare e tutelare la collezione del Getty Museum, e di attenermi alle leggi della California", ha dichiarato Brand in un comunicato. "Questo significa", ha proseguito, "che non posso restituire oggetti, come la statua del Giovane Vittorioso, che l'Italia per sua stessa ammissione non può rivendicare dal punto di vista legale, o oggetti per cui vi siano prove insufficienti a sostegno della richiesta italiana".
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Però, di fronte alla forte reazione italiana e alla minaccia di chiudere per sempre ogni prestito d'arte al Getty Museum, il direttore Brand ha cominciato a cedere. In una dichiarazione al Los Angeles Times si è dato sportivamente "un anno di tempo" per provare la provenienza lecita della statua marmorea della Venere di Morgantina. Trascorso questo periodo senza aver trovato la prova, all'inizio del 2008, la statua tornerebbe all'Italia.
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Foto, dall'alto: l'Atleta vittorioso in bronzo, attribuito a Lisippo, e l'Afrodite o Venere di Morgantina

21 novembre 2006

 

Comune di Mantova contro lottizzazione: ecco le due sentenze del Consiglio di Stato

Per la documentazione di Italia Nostra e degli amici che ci leggono, riportiamo in sintesi i testi delle sentenze del massimo organo di giustizia amministrativa. Intanto, sono state due le ordinanze che il Consiglio di Stato ha pronunciato sulla complicata questione giuridica della contestata lottizzazione di Mantova (v. articolo precedente).
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Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, con una prima ordinanza pronunciata nella Camera di Consiglio del 14 novembre (Sezione quarta, Presidente: Salvatore Costantino, Registro Ordinanze: 5947/2006, Registro Generale: 7965/2006), visto l’appello proposto dal Comune di Mantova contro la Regione Lombardia, il Parco del Mincio, la Lagocastello Immobiliare srl e Alberto Rosignoli, direttore di Area Servizi Città-Comune di Mantova, per l’annullamento dell’ordinanza del TAR Lombardia-Brescia n.917/2006, e la sospensione dei lavori di esecuzione delle opere di urbanizzazione, ha accolto l’appello del Comune di Mantova (Ricorso n. 7965/2006) e, riformando l’ordinanza impugnata, ha respinto l’istanza cautelare proposta in primo grado.
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Con una seconda ordinanza, alla stessa data, la medesima Sezione del Consiglio di Stato (Registro Ordinanze: 5952/2006, Registro Generale:8229/2006), visto l’appello proposto dalla Regione Lombardia contro Lagocastello Immobiliare srl, Alberto Rosignoli, e nei confronti del Comune di Mantova e del Parco del Mincio, per l’annullamento dell’ordinanza del TAR Lombardia-Brescia n.91/2006 concernente il diniego di rilascio del permesso di costruire, ha accolto l’appello (Ricorso n. 8229/2006) e in riforma dell’ordinanza impugnata ha respinto l’istanza cautelare proposta in primo grado.
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Ma, attenzione, la vittoria per ora è solo temporanea. La situazione è soltanto bloccata: nessun muratore può più sollevare neanche una pietra. Le decisioni del massimo organo della giustizia amministrativa non sono entrate nel merito della vertenza, ma sono cautelari, cioè dettate dall’urgenza e dal principio generale di precauzione, dato che - si legge come premessa nell’ordinanza - "le complesse questioni dedotte in giudizio esigono un approfondito esame nel merito e che, in attesa della prossima decisione del ricorso di primo grado, appare opportuno impedire l’ulteriore trasformazione del territorio e, quindi, conservare l’efficacia dei provvedimenti gravati in prima istanza".
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Come dire che, nel frattempo, mentre viene dipanata la questione giuridica che porterà alla decisione di merito, è interesse di tutti lasciare il territorio così com’è, vietando ogni ulteriore modificazione che possa pregiudicare eventuali diritti.
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Nell'antica stampa, il bellissimo Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, a Roma. Fu costruito nel 1540 dal Baronino, mentre il Mazzoni creò i sontuosi stucchi della facciata, ritenuta la più ricca a Roma tra quelle del ‘500. Nel 1632 il Borromini fu incaricato di modificarlo secondo i nuovi gusti. Creò, così, nel cortile, un capolavoro di trompe-l'oeil, una falsa prospettiva in cui la serie di colonne di altezza decrescente ed il pavimento che si alza, generano l'illusione ottica di una galleria lunga 37 metri, mentre in realtà è di soli 8 metri. Il fondale ha una scultura che sembra a grandezza naturale, mentre in realtà è alta solo 60 centimetri. Per creare la sua falsa prospettiva Borromini fu aiutato da un matematico. Il palazzo ospita una eccezionale collezione d’arte, con pitture del XVI e XVII secolo (Andrea del Sarto, Guido Reni, Tiziano, Breughel il Vecchio, Guercino, Rubens, Dürer, Caravaggio, Domenichino, Carracci, Salvator Rosa, Parmigianino e altri.

 

Vincono Mantova e Italia Nostra: primo no del Consiglio di Stato alla "villettopoli"

Italia Nostra tira un sospiro di sollievo: la sfacciata lottizzazione sulle rive del Lago Inferiore, proprio di fronte allo stupendo centro storico di Mantova, città d’arte, è stata sospesa dal Consiglio di Stato. Il supremo organo di giustizia amministrativa ha accolto il ricorso d’urgenza che il coraggioso nuovo sindaco della città lombarda, Fiorenza Brioni, aveva inoltrato appena eletta. Il suo predecessore, anch’egli dei Ds, aveva deciso un’imponente lottizzazione di 300 villette che avrebbe eliminato la naturale "area verde di rispetto" rimasta intatta nei secoli, e deturpato per sempre la visuale da nord della città d’arte.
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Grande è ora la soddisfazione del sindaco di Mantova, che all’assemblea di Monticchiello aveva gettato un grido d’allarme, subito accolto da Italia Nostra. La nostra associazione ha inviato a Mantova, come una task force della cultura, quasi l’intera sua dirigenza (il presidente Ripa di Meana e i vicepresidenti), che ha difeso con vigore le tesi della sindachessa davanti al Consiglio comunale. Grazie anche all’attenzione della stampa e di personalità del mondo della cultura, Italia Nostra ha amplificato all’esterno l’allarme di Fiorenza Brioni. Ha anche deciso il tenere il proprio congresso nazionale proprio a Mantova ai primi mesi del 2007; ed ha proposto agli organizzatori del Festival della Letteratura che ogni anno si tiene a Mantova, e all’associazione internazionale Europa Nostra di dedicare al tema una sessione. E' stato ideato anche un concorso fotografico per rilanciare l' affascinante profilo disegnato nei secoli da Andrea Mantegna, Giulio Romano e Filippo Juvara.
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Tale è stata l’adesione di Italia Nostra alla nuova politica del Comune di Mantova, e tale la consonanza della sindachessa con la politica culturale di Italia Nostra, che il presidente Ripa ha voluto significativamente iscrivere Fiorenza Brioni come "socio ad honorem" dell’associazione.
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E’ una bella novità, che fa ben sperare per il futuro. Purtroppo, in Italia siamo abituati a tutt’altro. Frequente è il caso del sindaco, vicino alla lobby dei costruttori, che con la scusa della "modernizzazione" o del "libero mercato" svende il territorio e le memorie storiche della sua città. Capita molto di rado che sia proprio il sindaco a difendere coi denti centro storico, arte, arredo, ambiente urbano, paesaggio circostante e perfino la veduta d’insieme. Lode quindi a Fiorenza Brioni.
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Ed è una vittoria anche di Italia Nostra. Ma non illudiamoci, ci riporta sulla terra il presidente Ripa: "Restano molte battaglie da portare a compimento, per salvare dalle lottizzazioni il paesaggio attorno ai centri d’arte, da Fiesole alle colline bolognesi. Che questa vittoria sia di auspicio per l’impegno futuro di Italia Nostra".
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Foto: Mantova, il Castello di San Giorgio

19 novembre 2006

 

Il Parco del Ticino e il “mostro” Malpensa: sindaci e Regione a confronto

In pochi giorni, dal 28 ottobre all’11 novembre, abbiamo assistito a ben due approvazioni all’unanimità di documenti relativi all’aeroporto di Malpensa. Le tensioni, l'enfasi, le precisazioni ed i distinguo che hanno caratterizzato il Consiglio della Regione Lombardia e l’Assemblea del Parco del Ticino sono state abbastanza simili, in quanto originate dallo stesso contesto generale, ma hanno prodotto due documenti diversi, visto che diversa è la natura delle due assemblee.
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L’ordine del giorno approvato dalla Regione è frutto del grande desiderio d’una conclusione bipartisan, che appariva evidente fin dai primi interventi degli esponenti dei Gruppi di minoranza, ed esprime senza alcuna remora il sostegno allo sviluppo indiscriminato ed illimitato dell’aeroporto Malpensa 2000.
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Riteniamo che il documento rispecchi, nella prima parte, oltre a molta propaganda S.E.A., l’ormai ricorrente estratto dal "Libro dei Sogni". Nei 21 capoversi vengono dispensati dati in buona parte incredibili (come la crescita del 500 per cento di Malpensa dal 1996 al 2000!), e previsioni e studi di dubbia fonte.
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Perciò ci chiediamo se chi ha approvato e firmato il documento del Consiglio regionale si sia reso conto che: 1. Le previsioni potrebbero essere come i dati, cioè poco attendibili; 2. Questi argomenti vengono enfatizzati in vari convegni da almeno quattro anni, ma senza risultato. 3. Perciò, sarebbe forse il caso che i politici analizzassero la situazione con maggiore attenzione e proponessero dei percorsi più credibili.
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Invece tutti d’accordo e, malgrado ogni parte abbia sempre criticato i governanti della parte avversa, ecco che qui per miracolo hanno incensato, in coro, sia il Governo Prodi che il suo ministro dei trasporti Burlando, sia il Governo Berlusconi che il ministro Lunardi.
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Ma vorremmo anche evidenziare alcuni passaggi della seconda parte, articolata in sette punti, dove, al punto 2, III capoverso, si auspica: "La riarticolazione dei diritti di scalo tra Linate e Malpensa". Che significa? Semplice: tasse aeroportuali più care a Linate, per forzare il mercato - clienti e aziende - a favore di Malpensa.
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Noi, invece, abbiamo più volte affermato che Malpensa è bocciata dal mercato, e anzi la proposta di queste misure protezionistiche ci conferma che la nostra analisi è condivisa perfino dal Consiglio regionale della Lombardia.
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Il concetto espresso al punto 5: "accompagnare un ulteriore sviluppo aeroportuale attraverso gli strumenti di programmazione territoriale ed aeroportuale, la valutazione di impatto ambientale e la valutazione ambientale strategica, con particolare riferimento alla salvaguardia del Parco del Ticino", susciterebbe maggior entusiasmo se, invece del verbo accompagnare, si fosse usato subordinare.
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Al punto 6 si chiede di: "Garantire l'accessibilita' allo scalo con il completamento di tutte le infrastrutture ferroviarie e stradali, gia' programmate", mentre nella prima parte si parla di "adeguamento del sistema di accessibilita'... in un quadro di particolare attenzione alla sostenibilita' ambientale".
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Possiamo quindi ritenere che, anche se non è esplicitamente scritto, si vorranno sottoporre a V.A.S., in particolare: il collegamento Arcisate-Stabio e la connessione Nord Malpensa-Sempione, da noi ritenute opere spropositate e, senza dubbio, veri disastri ambientali.
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In quanto, poi, al documento approvato dall’Assemblea del Parco del Ticino, i Sindaci del Parco sottolineano "l’impegno, la collaborazione e l’attenzione verso il Parco che anche il Consiglio Regionale della Lombardia ha già dimostrato esprimendosi sulla salvaguardia del Parco del Ticino".
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Inoltre i sindaci del Parco chiedono che, "fino a quando non saranno rispettate da tutti gli organismi preposti le norme vigenti e gli impegni assunti ed affrontate e risolte le criticità emerse a seguito del potenziamento dell’aeroporto di Malpensa avvenuto nel 1999, non dovrà essere preso in considerazione nessun nuovo progetto di potenziamento o ampliamento dell’aeroporto". Particolarmente importante sarà la verifica dell’attuazione delle mitigazioni stabilite negli allegati al Decreto D’Alema e non realizzate.
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In più, dice l’assemblea del Parco, "ogni nuovo intervento strutturale sul territorio del Parco del Ticino dovrà essere soggetto all’applicazione della Direttiva 2001/42/CE, concernente la V.A.S.", e questo varrà particolarmente per la terza pista.
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Ci preme sottolineare la positività del fatto l'assemblea del Parco ha approvato all’unanimità una delibera che esprime netta contrarietà alla terza pista. E’ un fatto storico, non era mai accaduto.
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Non ci rimane che considerare come gli amministratori locali siano molto concreti nelle loro asserzioni, mentre la politica regionale continua a volare alto, molto al di sopra della realtà.
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WWF ITALIA, Maurizio Rivolta
LEGAMBIENTE (Circoli del circondario di Malpensa), Emilio Magni
C.OVES.T., Varallo Pombia (No), Gianpietro Fanchini
UNI.CO.MAL (Unione Comitati Malpensa), Gallarate (Va), Beppe Balzarini
EXCALIBUR, Lonate Pozzolo (Va), Gianfredo Ruggiero
AMICI DELLA NATURA, Arsago Seprio (Va), Raffaella Filippini
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Foto: L'ambiente del Parco del Ticino

 

Ambiente in Toscana: la Regione legalizza le stragi di storni protetti da legge e UE

Non solo le belle colline toscane stanno perdendo parte delle specie spontanee e dei boschi che le ricoprono, sostituiti da case, piazzole, strade e svincoli, a causa della mania stradale, della speculazione edilizia e dell’abusivismo diffuso, ma la stessa fauna selvatica, che leggi dello Stato e sentenze giurisprudenziali considerano "patrimonio indisponibile dello Stato" viene decimata illegalmente, o comunque in deroga regionale a precise norme nazionali ed europee.
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E’ di ieri la notizia, pervenuta alla LAC dal gruppo dei Verdi della Toscana, che il Consiglio regionale toscano ha approvato il 14 novembre una legge che consente la caccia allo storno, specie protetta dalla Legge nazionale sulla caccia (L. n. 157, 11 Febbraio 1992) e dalla direttiva europea 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici. Ogni cacciatore toscano avrà il privilegio di abbattere fino a cento capi (però, non più di venti capi al giorno) per l'intera stagione venatoria, fino al 31 dicembre.
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Il provvedimento è stato presentato col demagogico scopo di "tutelare le produzioni agricole" ed in particolare le olive, ma omettendo di segnalare i vantaggi arrecati dallo storno attraverso la distruzione della mosca olearia. Il provvedimento reintroduce inoltre nelle province di Firenze, Arezzo, Lucca, Pisa, Pistoia e Siena gli odiosi impianti di cattura degli uccelli da richiamo che potranno essere venduti a 15 euro ciascuno.
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La legge è stata approvata a grande maggioranza, con il solo voto contrario dei due consiglieri verdi, Lupi e Roggiolani. I due consiglieri hanno messo in evidenza che lo strumento della legge è stato preferito a quello della delibera amministrativa per mettersi al riparo dal ricorso al TAR che le associazioni ambientaliste avrebbero immancabilmente presentato e che avrebbe portato probabilmente all'annullamento del provvedimento
CARLO CONSIGLIO
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Foto: Sturnus vulgaris (disegno)

18 novembre 2006

 

Il super-convegno FAI delinea il futuro dei beni culturali in Italia

Siamo laicamente "ottimisti della volontà, ma pessimisti della ragione", e perciò convinti che proprio per il tipo di selezione psico-antropologica che si determina nella politica in Italia, nessun Governo, nessun partito, voglia davvero battersi per la Cultura, l'Arte, il Paesaggio e la Natura. Malgrado le belle parole avvocatesche per cui i politici italiani sono famosi nel mondo.
Perché in un'Italia ultima per lettura di libri nell'Europa sviluppata - tralasciando altri parametri - è un facile alibi per un ceto politico sottoculturale sostenere che "la cultura non porta voti".
I voti? Forse è così, anche se sull'argomento ci sarebbe da discutere. A saper comunicare - cosa che in Italia non si sa fare - perfino la tutela dell'Arte e della Natura verrebbero capite dalla gente.
Ma perché parlano sempre di voti? E le loro idee? Le hanno o no? E se i partiti italiani decidessero con un accordo virtuoso che Natura, Arte, Cultura e Scienza non sono questioni partitiche ma superiori agli schieramenti, insomma bipartisan, e che quindi non devono servire a contarsi o a rubare voti all'avversario?
Invece, abbiamo visto come il Governo precedente ha trattato i Beni culturali: tentando di porli in vendita. E ci è voluta la sollevazione di uomini di cultura per limitare i danni. Stiamo vedendo come il Governo attuale tratta i Beni culturali: eliminandoli dalla legge finanziaria. E ci è voluto l'aut-aut della benemerita scienziata Levi Montalcini, e la solita protesta corporativa, per reperire all'ultimo minuto qualche spicciolo.
Perciò, dopo le delusioni avute dal ministro Urbani e dal "Governo dei condoni", vogliamo credere al vicepresidente del Consiglio e ministro della cultura, Rutelli. Ma la storia politica recente non ci autorizza a illuderci troppo. (NV)
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Sul Convegno intorno al futuro dei beni culturali che il FAI ha organizzato nei giorni scorsi a Roma, riportiamo la cronaca del prof. Antonio Tamburrino:
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A proposito del Convegno del FAI
Il futuro dei Beni Culturali
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Il grande convegno organizzato dal FAI (Fondo per l'ambiente italiano) il 10 novembre scorso sul futuro dei beni culturali, ambientali e paesaggistici ha posto una pietra miliare per il Paese. Innanzitutto per l’autorevolezza dei partecipanti. I vertici delle istituzioni, dell’economia e della cultura, c’erano tutti, ma proprio tutti. Da Napolitano a Montezemolo, da Veltroni a Rutelli, da Settis a Giavazzi. E poi per le proposte innovative, accolte con unanime consenso.
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Nella gremitissima aula magna della Confindustria c’era però un’assenza: i giovani. Ma non ci si è dimenticati di loro, perché si è parlato del futuro. Poi avremo tempo di spiegare agli assenti che cosa si sono persi, e che cosa comunque stiamo preparando per loro. Ma come sarà questo futuro?
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La grande novità annunciata è che l’annoso ed aspro conflitto fra sviluppo ed ambiente sarà finalmente avviato a soluzione. Lo ha dichiarato ufficialmente Rutelli, ministro dei Beni Culturali, nonché vice-presidente del Consiglio. Le due mosse vincenti saranno le seguenti.
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La prima è che "la priorità assoluta dell’Italia verrà assegnata alla crescita economica". La seconda e decisiva mossa sarà: "il grande patto nazionale per la cultura". In pratica d'ora in poi "il patrimonio culturale deve essere un volano per l’economia e una missione per il Paese, non un ostacolo per il profitto, un fardello da gestire per governi miopi".
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L’obiettivo sarà concretamente raggiungibile con una continua crescita dei flussi turistici, che non devono più limitarsi alle grandi città d’arte, ma devono diffondersi anche nei piccoli centri e, infine, coinvolgere l’intero territorio nazionale. Per far questo avremo però bisogno di nuove e fresche energie e, per questo, sarà reintrodotto in tutte le scuole lo studio della storia dell’arte.
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Tutto bene, se non per il vago sospetto che la straordinaria creatività del passato, che ha soggiornato a lungo nel nostro Paese, e che ci ha lasciato in dote un inestimabile patrimonio di arte, di scienza e di ambiente, si sia poi presa una lunga pausa sabbatica.
ANTONIO TAMBURRINO

17 novembre 2006

 

Discariche, nuove strade, faggete tagliate, tralicci? Sì, siete in un Parco protetto

Dopo il comunicato-denuncia del Wwf sul deprimente "Caso del Parco del Pollino", da noi riportato con risalto (vedi), abbiamo chiesto qualche notizia in più, tramite l’efficiente ufficio stampa di Bertin. E’ emerso un cahier de doléance incredibile: discariche, taglio di faggete, aperture di strade, tralicci di elettrodotti. E non in un luogo qualsiasi, dove già porrebbero dei problemi, ma addirittura in un Parco. Se la documentazione portata dal Wwf al ministro dell'Ambiente sarà provata, allora vorrà dire che tutta la politica di gestione delle aree protette finora seguita dai vari Governi e dalla classe politica italiana, è sbagliata.
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A titolo di esempio, citiamo la ripresa dei lavori della Centrale del Mercure, la proposta di ri-perimetrazione non supportata da dati scientifici, i vari abbattimenti di faggete secolari anche in zona 1 (zona più protetta) o in aree SIC e ZPS, la scoperta di diverse discariche abusive, lo sfregio di Campotenese e dei Monti di Orsomarso - cuore della Wilderness del Parco - con l'attraversamento dell'elettrodotto Laino-Rizziconi, la realizzazione di parcheggi e strutture nelle aree più delicate e vulnerabili, la prevista realizzazione di strade nel cuore del parco, tra cui il prolungamento della Murgia-Pollino e l'inutile strada di arroccamento Frascineto-Fagosa-Pollino che ha già deturpato il panorama meridionale del massiccio, la chiusura dei rifugi, gli sperperi di denaro pubblico in dubbie campagne promozionali e in costose e inutili consulenze (mentre sono scarsi o nulli gli interventi nel campo della conservazione e dell'educazione ambientale). Di questo ed altro potrà prendere visione nel dettaglio nel citato dossier. Grave inoltre è la mancata approvazione del piano socio economico e del regolamento del parco, per il quale è stato conferito incarico addirittura nel 1999.
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E c’è anche dell’altro, annuncia la presentazione. Purtroppo l’allegato inviatomi dall’ufficio stampa non si apre. Ma non avevamo già raschiato il fondo? Dopo quanto letto, mi chiedo che altro di raccapricciante ci potrà mai essere in un Parco: casi di pedofilia, tratta delle bianche e riduzione in schiavitù tra pini loricati e faggi?
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Se sono fondate tutte queste contestazioni, come la serietà e moderazione del Wwf impone di credere, si porrà con urgenza il problema del metodo delle nomine e della selezione del personale "verde". Si conferma, insomma, quello che noi ambientalisti e protezionisti della prima ora abbiamo sempre sostenuto, che cioè l’elemento umano, la classe dirigente ecologista, o comunque quella chiamata a gestire enti, commissioni e strutture che hanno a che fare con la protezione dell’ambiente, spesso non è all'altezza dei propri compiti, oppure non si differenzia molto dagli altri, cioè dai non protezionisti.
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L’infiltrazione, si sa, è lo sport preferito dagli Italiani (ci ostiniamo a mettere la maiuscola, ma fino a quando?) Abbiamo visto letteralmente "cani e porci" far parte dalla lista delle associazioni "ambientali" del Ministero dell’Ambiente, come l'Associazione nazionale cacciatori dell’Appennino, l’Anev (riunisce le industrie produttrici delle deturpanti e speculative torri eoliche), il CTS (Centro Turistico Studentesco), gli istruttori subacquei, l’Associazione genitori, l’Associazione piccola proprietà edilizia. Maggiori dettagli in un prossimo articolo.
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L'infiltrazione di club e personaggi che nulla hanno a che fare con la tutela dell'ambiente deve essere neutralizzata anche sul territorio e nelle istituzioni di gestione e controllo, a cominciare dalle aree protette (in primo luogo i Parchi più importanti) fino agli enti e Istituti di ricerca e controllo. Ne riparleremo.
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Nella foto, uno scorcio del tipico ambiente del Parco del Pollino.

16 novembre 2006

 

L'Italia si specchia a Monticchiello. "Meno abitanti? Costruiamo più case"

E' vero che "solo le denunce dei vip", solo la politica ambientalista fatta "nei salotti di Capalbio o di Monticchiello", ha qualche effetto su giornali e tv, come lamenta il capogruppo dei Verdi toscani, Fabio Roggiolani? Forse sì, ma solo perché è una legge psicologica della comunicazione di massa.
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In realtà, parafrasando Mao, a noi protezionisti non deve importare che il gatto sia popolano, borghese o aristocratico, ma che acchiappi i topi. Perciò, in mancanza d'altro, evviva la denuncia dell'intellettuale Asor Rosa su Repubblica, nel settembre scorso: ha avuto l'effetto di far conoscere a tutti lo scandalo delle 92 casette previste davanti alle mura (e davanti a casa sua) del piccolo borgo di Monticchiello, perla della Val d'Orcia, nel Senese. Solo così si è arrivati all'affollata e animatissima assemblea di cui ha scritto Gasperetti. Altrimenti saremmo al più gretto corporativismo politico, per cui proposte, lamentele e denunce sarebbero competenza solo dei politici di professione. Figuriamoci: sappiamo bene quanto si interessano di centri storici e ambiente.
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Fondata è, invece, la seconda argomentazione di Roggiolani, che dalla Toscana può essere estesa a tutta l'Italia: i nuovi piani regolatori della Regione (da sempre di Sinistra) "prevedono un aumento abitativo presunto pari a due milioni in più di persone, ma in realtà la crescita è zero".
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Ecco, nella mania costruttiva di sindaci-muratori e presidenti di regione-capocantiere (e in questo, Destra e Sinistra si equivalgono) Monticchiello rappresenta degnamente la Toscana, che sta coprendo le sue belle colline di orribili seconde e terze case, o di pretenziose lottizzazioni "in stile rustico", che prendono il posto dei poggi ornati di cipressi, dei boschetti di leccio, di sughera o di cerro per cui andava fiera. E a sua volta la Toscana è un simbolo dell'Italia. L'Italia che a cuor leggero costruisce nuove casette kitsch davanti alle mura antiche, per lo stesso motivo per cui non restaura le proprie case storiche, che giacciono abbandonate: perché trova quella memoria oppressiva e imbarazzante per la propria ignoranza..
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Nella foto aerea, la caratteristica pianta ovale del borgo medievale di Monticchiello.

 

Sotto accusa nell'assemblea il trasversale "partito dei muratori"

Sull'assemblea di Monticchiello, ecco la cronaca del Corriere della Sera del 29 ottobre scorso. Che però trsforma la vicenda in un intrico di rivalità e polemica interne alla Sinistra. Come a voler dire, dal punto di vista della psicologia mediatica, che in un giornalismo drogato dal gossip la "sola" difesa dei centri storici non basta più ad un giornale per fare audience. Il che non è vero: lo stesso articolo, scritto da un giornalista di sensibilità ambientalista, sarebbe stato ben diverso, e certamente più interessante per il lettore. Che avrebbe capito finalmente da chi è costituito il trasversale "partito dei muratori". (NV)
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Convegno in Val d'Orcia. Ripa di Meana: cedere qui ha un peso nazionale.
Sinistra a raccolta a Monticchiello per litigare sul "progetto villette"
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Monticchiello (Siena) - C'è divisione su tutto, anche sul termine "ecomostro". Sono uno scempio assoluto le 92 abitazioni in costruzione davanti al borgo di Monticchiello, cuore della Val d'Orcia, patrimonio dell'Unesco? Oppure "soltanto" una bruttura paesaggistica da correggere? Il centrosinistra si spacca e con lui i comitati, gli ambientalisti, i turisti e i residenti e pure i vip che ancora una volta, con la loro denuncia, hanno aperto un dibattito, innescato polemiche, forse tardive, un po' interessate, certamente efficaci.
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Al convegno di ieri, organizzato nel borgo senese, il caso perde la valenza locale, si estende e si generalizza, diventa polemica politica. Perché se da una parte Monticchiello è emblema della difesa del paesaggio, dall' altro contribuisce ad evidenziare all'interno della sinistra due categorie contrapposte: costruzionisti e decostruzionisti. Che non sono epigoni di correnti filosofiche, ma uomini e donne, spesso amministratori, che giudicano il paesaggio con diverse sensibilità, più orientate alla salvaguardia da una parte, più indirizzate allo sviluppo dall' altra.
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Decostruzionista è certamente Fiorenza Brioni, sindaco diessino di Mantova. Che a Monticchiello afferra il microfono per denunciare non solo scempi edilizi e piani urbanistici nella sua città che prevedono 200 villette davanti al Palazzo Ducale e al Parco del Mincio approvati dalla passata giunta a guida Ds, il suo partito, ma grida di essere stata intimorita e minacciata da "furbetti e furboni". Decostruzionista è pure Lucia Biagi, sindaco di Capalbio, che definisce pubblicamente una vergogna il piano regolatore del suo paese approvato nel 1999 dalla Regione Toscana, anche se poi loda le scelte urbanistiche della attuale giunta.
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Decostruzionista è Vittorio Emiliani, presidente del Comitato per la Bellezza, che denuncia le non scelte della Regione Toscana. "Che potrebbe intervenire ed invece non interviene delegando i Comuni che così diventano i controllori di se stessi" e sciorina dati allarmanti su cementificazione (l'Italia è la prima produttrice in Europa) e sulla speculazione edilizia che dal mare si è spostata alla collina. Per non parlare poi di Giulia Maria Crespi, presidente del Fai, che paragona la corsa al mattone a un male contagioso come la peste e il colera "che ormai ha attaccato tutti gli strati della popolazione: politici, finanzieri, economisti, comuni cittadini e parte dei sovrintendenti che una volta erano i guardiani del paesaggio" e se la prende pure con la Regione Toscana, una volta tanto amata e citata come esempio e oggi "teatro di inciuci e di malgoverno del territorio".
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I costruzionisti? Ci sono eccome. Un po' nascosti, ieri, per opportunità politica, forse. "Ma presenti in forza in tutta la sinistra e soprattutto nei Ds", spiega Roberto Della Seta, presidente di Legambiente. "Loro e l'ala più ambientalista si combattono, cercano una sintesi, difficile ma non impossibile". Una sintesi l'ha cercata Francesco Rutelli accorso a Monticchiello nonostante gli impegni romani. Davanti a una platea nervosa e divisa che non gli ha risparmiato qualche fischio e mugolio, ha ammesso che, per esempio, le costruzioni di Monticchiello difficilmente potranno essere abbattute. Aggiungendo però che è necessario "percorrere tutte le strade possibili per ridurre l' impatto cercando di non far completare le costruzioni ancora da realizzare".
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Un intervento che ha fatto arrabbiare il presidente di Italia Nostra, Carlo Ripa di Meana: "Cedere oggi in questo paese significherebbe minare l'intera impostazione urbanistica italiana", ha detto chiamando a raccolta l'anima decostruzionista.
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Il resto del convegno è stato un grido di dolore. "Il vaso di Pandora è stato aperto", aveva annunciato in apertura Asor Rosa accogliendo una lunga processione di gente arrivata da tutta la Toscana (e da qualche pezzetto d'Italia) con il cilicio dell' "ecomostro", vero o presunto, trascinato con ostentazione. Tutti avevano denunciato, criticato, condannato. Facendo scoprire alla platea affollatissima che molti progetti discussi e approvati "democraticamente", con il beneplacito delle sovrintendenze, con permessi e superpermessi, possono essere "coglionate", come le ha definite Alberto Asor Rosa, star del convegno dopo il j' accuse sulla colata di cemento a due passi da casa sua.
MARCO GASPERETTI
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Foto: Monticchiello. La porta e le mura medievali.

 

Crisi della geotermia a Larderello: spostare gli impianti o le abitazioni?

Meno male che Roma è stata già fondata. Perché se Romolo dovesse fondarla oggi non potrebbe mai ottenere i permessi, anche con la più benevola VIA. A parte assenza di piano regolatore e abitabilità delle capanne, basterebbero i fumi, i disboscamenti e i liquami biologici dell’epoca… Divertente, se non avesse risvolti gravi, la differenza tra la visione diacronica (storicistica, legata ai tempi) e sincronica (analisi del fatto in sé) degli eventi che incidono sull’ambiente.
Eppure, in Italia sopravvivono localizzazioni industriali d'epoca, pur ammodernate allo "stato dell'arte". Che facciamo, ne valutiamo l'impatto col metro di ieri o di oggi? sembra chiedersi Sennuccio Del Bene nella nota seguente. In pochi luoghi come a Larderello (Toscana), famosa per i suoi soffioni e il primo impianto geotermico al mondo (1913), gli impianti industriali sono talmente compenetrati nel tessuto urbano da rendere quasi impossibile la distinzione. Ma, insomma, Larderello è borgo abitativo o industria?
Ricordo lo stupore misto a scandalo, pochi anni fa, nel vedere arrivando in treno a Genova gli immensi depositi di carburante tra le case, a pochi metri dalla ferrovia. Certo, succede quando lo sviluppo industriale è stato precoce, ed è andato di pari passo con quello urbano. Larderello, addirittura, fu così denominato dal granduca Leopoldo nel 1846 perché il francese Larderel vi aveva aperto nel 1818 un impianto per la produzione del borace. Ma oggi, che fare? La convivenza ha prodotto "una realtà degradata non tollerabile più a lungo", dice Del Bene. E poi l’energia geotermica – sostengono ora degli esperti - è solo parzialmente rinnovabile, ed emette anche CO2. Insomma, se dobbiamo dar retta alle norme, abbattiamo la fabbrica o la città?
(NV)
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La Toscana patisce oggi la crisi della geotermia. Crisi nel senso etimologico, di passaggio, trasformazione. Gli impianti esistenti, non solo a Larderello, ma in tutta l’area attorno a Piancastagnaio, Monterotondo, Sasso Pisano, Castelnuovo Valdicecina, Pomarance, Serrazzano e altri paesi, hanno imposto ai cittadini vere e proprie servitù funzionali, estetiche, psicologiche, ambientali.
Finora la tecnologia dell’estrazione e distribuzione dei vapori ha portato alla massima invasività sull’ambiente, senza alcun riguardo per il paesaggio, con impianti dal forte impatto architettonico, in totale spregio dei diritti delle comunità locali, e senza alcuna ricaduta economica o utilizzo ulteriore del vapore. Qui impianti e processi mostrano una evidente inadeguatezza alle normative vigenti di Valutazione Ambientale Strategica e Valutazione di Impatto Ambientale, mai applicate. Situazione che in Paesi del terzo mondo farebbe gridare allo "sfruttamento colonialista".
Senza una riorganizzazione razionale, tutti questi paesi hanno visto sorgere, gradualmente, senza una pianificazione globale, in maniera strisciante ma pervasiva, centrali e vapordotti che in un cinquantennio hanno stravolto il paesaggio e l’economia di territori che, rurali un tempo, oggi non possono più qualificarsi tali, sia per l’invadenza dei manufatti che per la perdita identitaria delle comunità. E oggi siamo anche alla decadenza sociale ed economica.
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L’incontro "Geotermia anno zero" di Piancastagnaio (15 luglio scorso), alla presenza degli amministratori locali ed attori del territorio, ha indicato la volontà delle comunità di ripartire da zero nell’energia geotermica, su basi finalmente sostenibili. Andrea Borgia, geologo incaricato dalla Regione Toscana d’uno studio sul problema della geotermia nella zona dell’Amiata, ha affermato, dati alla mano, che: "lo sfruttamento geotermico non è una fonte rinnovabile", tanto che i problemi locali mostrano un danno tipico da prelievo eccessivo di vapore. E del resto, Nicola Graniglia, docente di Tecnologia ed Economia delle Fonti Energetiche all’Università di Siena affermava nel 2004 che "quella geotermica è una risorsa (parzialmente) rinnovabile ad impatto ambientale non nullo." Le analisi dei vapori evidenziano l’emissione di elevati volumi di anidride carbonica CO2, in contrasto col protocollo di Kyoto. Com’è possibile, perciò, riconoscere i contributi di Stato ("certificati verdi") per l’elettricità prodotta con una fonte non rinnovabile e con forti emissioni di CO2?
Le alternative più pulite e non invasive sul paesaggio ci sono, ma non sono realizzate: impianti sotterranei - centrali comprese - scambiatori di calore in profondità con fluido a ciclo chiuso, utilizzo di "terre calde secche", prive di vapore. Solo in apparenza – come al solito – sono soluzioni "costose", perché non si tiene mai conto del costo del disastro paesaggistico e ambientale. In realtà i costi aggiuntivi sono inferiori ai "costi esterni" del sistema attuale, che scarica oneri – senza calcolarli tra i costi di produzione per Kwh sulle comunità: danni alla salute, colture-allevamenti, turismo, sviluppo sostenibile, ambiente, qualità di vita. Lo capiranno gli amministratori locali e gli stessi imprenditori "illuminati"?
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Foto: Larderello ai primi del 900 e oggi. Si noti la stretta compenetrazione tra tessuto urbanistico e industriale. E nella foto non si vedono ovviamente i numerosi e invasivi "vapordotti".

15 novembre 2006

 

"Porteremo in Europa la battaglia per il Lago Inferiore di Mantova"

Italia Nostra sta prendendo decisioni importanti per portare il "caso Mantova" all'attenzione delle autorità europee. Quel che è certo, è che la obbrobriosa "villettopoli" sulle rive del Lago Inferiore davanti alla Mantova storica e monumentale non deve passare. Riportiamo qui l'articolo apparso in Cronaca di Milano del Corriere della Sera il 10 novembre scorso, a firma di Vincenzo Dalai, perché aggiunge particolari interessanti.
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Nuove iniziative contro la costruzione delle villette autorizzate dalla passata amministrazione
Italia Nostra: "Porteremo in Europa la battaglia per il Lago Inferiore"
MANTOVA - "Questa lottizzazione di strada Cipata non s'ha da fare". Scaglia il suo anatema Italia Nostra contro la costruzione di villette e palazzine ai bordi del Lago Inferiore. Lo fa attraverso il presidente nazionale Carlo Ripa di Meana, ieri a Mantova assieme a tutto lo stato maggiore dell' associazione: "Non vogliamo che si tocchi un solo capello della bellezza della città, abbiamo stabilito l'impegno di far diventare un caso nazionale questo ennesimo attacco di un' edilizia che non esita, pur di guadagnare, ad investire nei posti più belli e preziosi d' Italia".
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E per dare un seguito all' alleanza stretta con il sindaco Fiorenza Brioni, anch' essa contraria al progetto, elenca una serie di iniziative oltre al sostegno legale contro un opera a suo dire "incompatibile con la tutela paesaggistica e monumentale della città". Anzitutto il congresso nazionale di Italia Nostra proprio a Mantova ai primi mesi del 2007; poi un concorso fotografico per rilanciare l' affascinante profilo disegnato nei secoli da Andrea Mantegna, Giulio Romano, Luca Fancelli, Filippo Juvara; ancora un appello agli editori che sostengono il Festivaletteratura per richiamare la loro attenzione su un bene "non cedibile e non negoziabile".
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Infine la proposta di inserire il caso all'ordine del giorno del consiglio d' Europa Nostra a Parigi nel marzo del prossimo anno. La vicenda però sarà giocata soprattutto nelle aule giudiziarie perché la passata amministrazione Burchiellaro (ds, come la Brioni) aveva concesso le autorizzazioni. E la Immobiliare Lagocastello non starà certo con le mani in mano, in attesa di veder sfumare l' investimento. Al momento i titolari aspettano un parere del Consiglio di Stato.
VINCENZO DALAI
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Foto: Mantova vista dal Lago Inferiore. Le 300 villette dovrebbero sorgere alle spalle del punto dal quale è stata scattata la fotografia.

 

Da Monticchiello (Siena) alla “villettopoli” di Mantova, Italia Nostra si mobilita

A Monticchiello (Siena), chiamata dall’allarme lanciato dal prof. Alberto Asor Rosa, per le mediocri costruzioni schierate proprio ai piedi delle mura storiche e della torre del bel borgo medievale, c’era tutta Italia Nostra della Toscana, col presidente Caracciolo in testa, e in aggiunta il vicepresidente nazionale Lo Savio e il Presidente. Senonché, a Montichiello, ascoltato l’appello del sindaco di Mantova, Fiorenza Brioni, anch’essa presente, si è deciso di correre prontamente nella città lombarda a dare il nostro sostegno.
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In pochi giorni abbiamo approntato una conferenza stampa nell’aula consiliare del Comune di Mantova. Accanto al sindaco, che guida una giunta di centrosinistra, si può dire che ci fosse l’intera Italia Nostra lombarda: il presidente della sezione di Mantova, Giusi Pastore, la presidentessa regionale Emma Corselli Perfetti, i tre vicepresidenti nazionali, Bettinelli, Lo Savio e Parini, e il Presidente nazionale.
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Il progetto, ormai approvato dalla precedente Giunta, prevede ben trecento villette da realizzare sulle rive del lago inferiore prospicente la città lombarda. Una barriera di case che impedirà di vedere Mantova entrando da Ponte S.Giorgio. Il sindaco Fiorenza Brioni - come già spiegato nell’articolo precedente - non vuole lo scempio preparato dai suoi predecessori. La deliberazione comunale ormai è stata presa, ma lei tenta disperatamente di bloccarla. Ci riuscirà? Non è facile, lo ha detto chiaramente. Cercheremo di darle tutto il nostro aiuto.
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Intanto gli operai hanno già perimetrato l’area della lottizzazione, e come accade sempre, per prima cosa gli alberi sono stati tagliati. Da Ponte S:Giorgio si vede sulla destra il grande prato dello scandalo, dove giacciono segati e lasciati marcire a terra i bei noci piantati con i soldi dell’Unione Europea.
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Dalla famosa Camera degli Sposi di Palazzo Gonzaga, affrescata da Andrea Mantegna, affacciandosi non si vedranno più le rive naturali, come si è potuto fare per secoli, ma una schiera di moderne villette .
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Se questa lottizzazione dovesse vincere, cadrebbe una barriera culturale: la regola consolidata della conservazione dei contesti naturali ed agrari divenuti anch’essi storici, insieme a monumenti illustri, ed in questo caso insieme ad una intera Città-monumento. Contro questa prospettiva c’è fin d’ora l’impegno serio e deciso di tutta l’associazione.
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Noi finora abbiamo potuto solo riportare quello che ci è stato riferito a voce e sommariamente. Ora attendiamo dalle testimonianze dirette e dai commenti dei protagonisti della giornata di leggere sul blog tutti i particolari di questa vicenda. Sarà una battaglia dura e difficile, non nascondiamocelo. Ma di quelle che attraggono Italia Nostra.
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Foto: il Palazzo Ducale dei Gonzaga, a Mantova

 

La bella Mantova forse salvata dal...sindaco. E non è una notizia in Italia?

Nessun Governo in Italia, per quanto alcuni ce l’abbiano messa tutta, ha mai compiuto tanti guasti nella conservazione dell’immagine storica dei borghi, delle città, del territorio e della Natura circostante, come i sindaci. E specialmente nei piccoli Comuni, dove la rete di parentele e amicizie è più stretta, ed è più difficile, anzi eroico - per chi eroe non è, ma spesso è un uomo qualunque - non prestar ascolto al richiamo degli interessi. Questo era il saggio motivo per cui il Podestà degli antichi Comuni italiani doveva essere un "forestiero". .
Meraviglia, quindi, che ogni tanto emerga un amministratore locale che si oppone al malcostume, che sa dire di no alla speculazione edilizia più ottusa. Forse perché capisce che, a parte la violenza sulla Storia e sull’identità d’un popolo, è perfino "inutile" e "antieconomica", perché il danno d’immagine, l’offesa all’arte e al paesaggio, alla lunga si pagano duramente anche sul piano turistico, a voler proprio monetizzare. (NV)
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Dopo Soru, tenete a mente un altro nome: Fiorenza Brioni. Il presidente della Sardegna che dice "basta" alla rovina delle coste e blocca l’insediamento in stile Far West di migliaia di torri eoliche, ha ora un erede sulla penisola. C'è un altro amministratore locale illuminato: il sindaco di Mantova. Era al recente convegno di Monticchiello, cittadina tra i cittadini, a raccontare non solo lo sfacelo culturale del borgo toscano, ma anche quanto sta per avvenire nella sua bella città.
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Strana storia questa di Mantova. La vecchia Amministrazione di centro-sinistra col sindaco, Ds, ha approvato una lottizzazione di 300 edifici, tra villette a palazzine a due piani proprio sulla riva del lago inferiore, uno dei tre laghi formati dal Mincio che contornano la città. Finora, questa particolarità unica aveva fatto sì che i margini, il contorno ed il profilo della citta medievale e rinascimentale apparissero miracolosamente com'erano cinquanta, cento o duecento anni fa.
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"E va bene - devono aver pensato i precedenti amministratori per salvarsi la coscienza - ma noi non costruiamo in centro storico. Il lago è bello grande, e queste nuove costruzioni, sicuramente di "grande qualità", saranno addirittura ad un chilometro di distanza. D’altra parte, ci servono abitazioni, e servono anche abitazioni di prestigio. Conservare? Certo, ma non possiamo fermare lo sviluppo. La città deve continuare vivere, a produrre i segni del nostro tempo, sia pur nella massima attenzione e rispetto dei valori storici. Se abbiamo così ben conservato fino ad oggi tanta ricchezza, non per questo dobbiamo essere penalizzati al punto da non poter più far nulla…" Così pensò il sindaco "con la testa sulle spalle", magari convinto in buona fede, perché no, di essere insieme realista e progressista. E invece sbagliava, e proprio sul piano culturale.
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Il nuovo sindaco Brioni - anche lei dei Ds, segno che nelle questioni di tutela quello che conta è la sensibilità personale di politici e amministratori - si inalbera, protesta, cerca ovunque aiuto per fermare queste nuove costruzioni che a lei, giustamente, sembrano una pazzia. Ma purtroppo la lottizzazione è stata decisa, la delibera approvata. Eppure la nuova sindachessa si sta battendo per fare l'impossibile per bloccare tutto.
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In nome di che? Ecco la vera stranezza: in nome di un paesaggio storico da conservare come bene culturale in sé, e perciò da preservare in quanto tale, senza aspettare addirittura che "il famoso monumento venga coperto o distrutto". No, stavolta c’è l’intuizione bellissima che va salvaguardata una veduta, una prospettiva, una skyline, un profilo - sia pure d’una quinta lontana mille metri - che per la gente dei luoghi è da secoli la vista tradizionale, una memoria familiare e collettiva, in un certo senso un "bene" culturale. Altro che la retorica-alibi del solo "grande moùnumento", oltre il quale poi è lecito fare qualunque cosa. Questa sì, che è una rivolzione copernicana. E Italia Nostra plaude riconoscente, perché sono le nostre idee da sempre.
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La brava sindachessa si è incamminata, come un qualsiasi cittadino mantovano, entrando in città dal nord, dal ponte S.Giorgio. E’ lì che ha avuto la visione virtuale del disastro che si sarebbe verificato alla "cartolina" di Mantova. Le stesse visioni dei tempi del Mantegna, pensate: un vasto pratone a sinistra, le rive, il profilo della città rimasto ancora quello del Rinascimento, quella luce particolare, unica, che emana dall'acqua su cui la città d’arte si rispecchia. No, tutto quel patrimonio di forme ancora naturali, colori, luci, penombre e riflessi, non poteva, non doveva sparire.
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Ecco come nasce dal nulla il miracolo d’un sindaco che si batte per il paesaggio storico, per la memoria illustre di secoli, per la bellezza della sua città. Certo, un sindaco speciale, che ha voluto chiamare perfino Italia Nostra a tenere con lei una conferenza stampa in Consiglio comunale, per sostenere le sue ragioni.
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Ci pare di sognare. E se altri sindaci venissero contagiati dalla stesso amore per i propri luoghi, dalla benefica sindrome della conservazione di paesaggio e vedute? Ma di questo passo dove andremo a finire, si chiederebbe un caustico Villon: "Où sont les maires d’antan?" Dove sono i (cattivi) sindaci d’un tempo? Eh, caro Villon, ce ne sono, ce ne sono, purtroppo: sono ancora la stragrande maggioranza.
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Foto: Andrea Mantegna (1431-1506), La Camera degli Sposi (particolare). Mantova

14 novembre 2006

 

Restauri e misteri: il Caravaggio segreto degli Odescalchi e il "grandangolo"

I restauri, si sa, sono il principale punto dolente della conservazione del patrimonio artistico, specialmente nella pittura. Non capita spesso che il proprietario privato possa accollarsi il restauro d’una grande opera. Per fortuna di tutti gli amanti della grande arte, questo è accaduto per un’opera poco nota, quasi segreta, del Caravaggio, la prima versione della "Conversione di san Paolo" che il pittore dipinse su tavola di legno di cipresso, prima della ben nota e omonima seconda versione su tela esposta a S. Maria del Popolo, a Roma.
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Ora, terminato il restauro, la famiglia Odescalchi ha concesso la rara tavola caravaggesca della prima versione all’ammirazione dei romani e dei turisti (fino al 25 novembre), e proprio nella medesima chiesa dove dal 1605 è esposta la ben nota seconda versione su tela. Il quotidiano francese Le Monde ci fa sopra un articolo interessante. La "Conversione di San Paolo" - ricorda il giornale - era stata commissionata al Caravaggio da Tiberio Cerasi, ministro del Tesoro di papa Clemente VIII, che aveva appena acquistato la cappella.
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Come mai, allora, dal 1605 abbiamo di fronte l’opera in tela? Altro che "rifiutata" dal committente, come vuole la leggenda. Al contrario, la prima versione su tavola deve essere stata rifiutata per un ripensamento dello stesso autore, come oggi lascia ritenere il confronto diretto tra le due versioni. L’opera originaria su tavola, infatti, non poteva essere ammirata nella troppo corta cappella costruita nel frattempo dall’architetto Maderno.
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Quando Caravaggio si rese conto che mancava addirittura lo spazio per indietreggiare e avere il colpo d’occhio totale dell’opera, capì al volo che doveva rifarla. Ma cambiando lunghezza focale - diremmo oggi con linguaggio da ottica fotografica - cioè non più usando un obiettivo normale, diciamo da 50 mm. "L'effetto ottenuto dalla seconda versione corrisponde a una fotografia presa al grandangolo da un metro e mezzo di distanza", ha dichiarato a Le Monde Rossella Vodret, sovrintendente del patrimonio storico e artistico del Lazio e commissaria della mostra.

 

Protezione del suolo: presentato il progetto di legge che vuole l'Europa

Se l'idea non fosse partita da un deputato italiano, e trasformata in progetto di legge, ce l'avrebbe imposta tra qualche tempo come norma immediatamente cogente l'Unione Europea, attraverso il Parlamento di Bruxelles. Una volta approvata, sarà la prima legge sulla difesa del suolo - in senso proprio, come "strato superficiale" - operante in Italia. "E' un primo passo, che va nel senso della salvaguardia di uno degli elementi naturali più importanti, fino ad ora non considerato dalla legislazione italiana”, commenta il presentatore.
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E così è stato depositato alla Camera dei Deputati il primo progetto di legge sulla ‘Protezione del suolo’, a firma di Bruno Mellano, giovane deputato radicale della RnP e membro della Commissione Agricoltura, che si è segnalato più volte per il deciso interesse alla Natura e all'ecologia.
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Il testo segue le linee guida stabilite dalla Comunità Europea in tema di suolo, espresse nella cosiddetta Strategia tematica diffusa nel settembre scorso e nella proposta di Direttiva europea che entro poche settimane sarà approvata dal Parlamento Europeo, divenendo di obbligatoria applicazione per tutti gli Stati membri.

La Comunità Europea, dopo anni di studio da parte di centinaia di ricercatori - hanno dichiarato Bruno Mellano e Igor Boni, studioso dei suoli - ha individuato i principali otto tipi di minacce che incombono sui suoli: erosione, perdita di sostanza organica, compattazione, contaminazione, cementificazione, perdita di biodiversità, salinizzazione e inondazioni.
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Purtroppo nella legislazione italiana quando si parla di ‘suolo’, tutto si intende tranne che il suolo propriamente detto, hanno aggiunto. Si parla quasi sempre di dissesto idrogeologico, di difesa del paesaggio e delle infrastrutture ma non del suolo inteso come lo strato superiore della crosta terrestre, dal quale produciamo alimenti e che utilizziamo come supporto alle nostre attività.
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Ebbene, affinché il suolo propriamente detto possa svolgere le sue diverse funzioni è urgente che se ne preservino le condizioni, e si cominci ad impostare azioni di recupero. Tale necessità risulta evidente dai dati resi pubblici dall’Europa: il 12% dei suoli è minacciato dall’erosione, oltre 3 milioni di siti sono contaminati da sostanze inquinanti, circa il 45% dei suoli è povero di materia organica, con inevitabili riflessi sulla diminuzione di fertilità, di produttività e sull’aumento di anidride carbonica in atmosfera. Per evitare le solite azioni emergenziali, tipiche del nostro paese, proponiamo perciò - continuano Mellano e Boni - un percorso legislativo che sappia prevenire i rischi presenti e futuri e consenta di predisporre strumenti adatti alle reali necessità.

13 novembre 2006

 

Parco del Pollino: dopo i grandi avvoltoi anche i dirigenti volano via...

Era il regno incontrastato del pino loricato (Pinus leucodermis Ant.), il più strano dei pini, così contorto, modellato dal vento e dai fulmini, tanto intimamente abbarbicato alle rocce da far pensare quasi ad una simbiosi mutualistica. Ora è sempre meno presente. Era il parco dei grandi rapaci, dei grandi avvoltoi. Ma sono scomparsi, per la presenza dell'uomo e la rarefazione dei bovini allo stato brado, delle cui carogne si nutrivano. Sopravvive il più piccolo, il capovaccaio (Nephron percnopterus). Era, soprattutto, un'oasi di silenzio, rotto solo dall'ululato dei venti e dai gridi improvvisi degli uccelli. E incuriosiva gli studiosi col suo ambiente di montagna mediterranea tra due mari, lo Ionio e il Tirreno.
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Ma poi il Parco nazionale del Pollino ha cominciato a degradarsi, a perdere la sua separatezza dalla civiltà o "inciviltà" umana, insomma quell'ambiente incontaminato che era stata la sua incomparabile ricchezza. Negli ultimi tempi le lamentele dei protezionisti sono andate crescendo. Sempre più tagli indiscriminati di alberi, attività di trasformazione incompatibili, rumore, traffico, abusivismo ecc.
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I suoi dirigenti, incidente dopo incidente, problema dopo problema, hanno cominciato ad essere sotto tiro. Perfino le torri degli impianti eolici li hanno sfiorati. Insomma, dopo il grande bue selvatico dell'antichità (come testimoniano incisioni rupestri), l'orso, la lince, e i grandi avvoltoi, rischiano di scomparire anche loro. Il Wwf, infatti, chiede ora al Ministro dell’Ambiente la "rimozione dei vertici" e il "commissariamento" dell'ente Parco, "a causa della mala gestione della preziosa area protetta". Ma lasciamo la parola al comunicato stampa del club ecologico:
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"Il Wwf ha inviato oggi al Ministro dell’Ambiente la richiesta di rimozione dei vertici del Parco del Pollino a causa della mala gestione della preziosa area protetta. Negli ultimi anni infatti il degrado del territorio del Parco è cresciuto, anziché ridursi, mettendo a rischio la straordinaria valenza naturalistica ed ambientale del Pollino ed il suo ruolo cruciale nel sistema delle aree protette del bacino del Mediterraneo, al punto da richiedere un intervento straordinario come la nomina di un commissario che transiti verso uno scenario futuro di gestione ordinaria accorta ed efficace.
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“Chiediamo al Ministro dell’Ambiente di intervenire prontamente per intraprendere una verifica puntuale della gestione dell’Ente Parco ed avviare quanto prima le procedure per la nomina di nuovi incarichi relativi alla presidenza, alla direzione ed al consiglio direttivo. I candidati - specifica la nota del Wwf - dovranno essere di alto profilo e con pregresse esperienze nella gestione di aree protette e beni naturalistici, mentre dovrà essere escluso chi abbia già ricoperto incarichi nell’attuale gestione, contribuendo al determinarsi della grave situazione attuale.”
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"Le gravi responsabilità degli attuali organismi di gestione del parco sono state raccolte in un documento consegnato al Ministro, in cui si suggeriscono anche alcuni elementi per una corretta impostazione della gestione del Parco e si elencano dettagliatamente le minacce, gli elementi di crisi ed i rischi della mancata applicazione di corrette politiche di conservazione in un’area importante per la biodiversità dell’intero Mediterraneo.
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"Il Pollino, infatti, è un’area prioritaria per l’Ecoregione Mediterraneo, ovvero come area che ospita livelli significativi e importanti di biodiversità ecoregionale, come risulta dal recente documento sulla “Biodiversity Vision”, condiviso dal Wwf con 33 altri partner come l’Upi e il Cfs. Il Ministero ha recentemente sottoscritto la convenzione che adotta questa strategia d’azione per la conservazione della natura, il che significa che parleremo uno stesso linguaggio per conservare ambienti di questo pregio”, conclude la nota del Wwf. “Considerata la valenza dell’area, speriamo che i suggerimenti e le proposte inviate oggi vengano accettate e si inizi, finalmente, a lavorare per salvaguardare questo splendido habitat”.
WWF ITALIA, Uff. stampa
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Foto: Il pino loricato (Pinus leucodermis Ant.) è l'albero simbolo del Parco del Pollino. Ha chioma esigua, rami bianco grigiastri, aghi di color verde scuro (sezione fino a 2 mm, lunghezza fino a 6-7 cm), corteccia fessurata in placche a scaglie lucide. É un relitto dell'ultima glaciazione. Vive nelle zone rocciose più impervie, modellato nelle forme più strane, dal vento, dal gelo, dai fulmini.

11 novembre 2006

 

Centro commerciale a piramide sul Piccolo Cervino. E nessuno dice niente…

Quel monte è un po' bruttarello, diciamolo, e sta sopra la mondana Zermatt. Non ha neanche la vetta. Che fanno, allora, gli svizzeri? Una vetta appuntita ce la aggiungono loro. Naturalmente di acciaio e vetro. Ma allora avevano ragione le barzellette sugli svizzeri... D’accordo, l’idiozia è ben rappresentata ovunque, e anche noi Italiani modestamente ci sappiamo fare, ma questa della piramide con dentro ristorante, albergo, sala multimediale e "centro commerciale panoramico" (e ti credo…) quasi a "completare" la cima tronca del Klein Matterhorn, o Piccolo Cervino, per un Paese che di bello ha solo le montagne e perciò dovrebbe tenersele da conto, be’ è davvero madornale.
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E la stampa, ottusamente, ad elogiare l’iniziativa. Con questo trucco il Piccolo Cervino "si alzerà di 117 metri e raggiungerà quota 4.000". Ma no. Ed è il Corriere della Sera, non Il Giornale del Popolo o il Berner Zeitung.. Non c’è una parola di perplessità, come se fosse normale, una trovata turistica da provare. Ma allora, perché pagare un giornalista? Basta far fare l’articolo da un computer. E dire - ma questo, l’articolista Stucchi lo ignora - che il giornalismo storicamente nacque per fare critica e commenti, non cronaca, che allora non interessava.
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Voi direte, "pazzesco, però è in Svizzera". E no, perché la cima artificiale si vedrà anche dall’Italia, come "vanta" già ora l’ineffabile articolista. Sentite qua: "Per ammirarla, gli italiani non dovranno andare oltreconfine, ma basterà transitare dal Plateau di Cervinia per rendersi conto della meraviglia che avrà buon diritto di entrare nel Guinness dei primati. In pratica sulla vetta del Piccolo Cervino sarà costruita una piramide in vetro e acciaio alta 117 metri che terminerà con una piattaforma panoramica a 4.000 metri sul livello del mare. Nella piramide ci saranno ristoranti, spazi multimediali, e successivamente anche un albergo". E un parcheggio, no? Dopo questa frase, penso che sarete tutti d’accordo, eleggiamo l’articolista "svizzero ad honorem". Ammesso che non sia già svizzero di suo.
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Certo, a quelle quote ci sono problemi, ammette il redattore. "Dal momento che a queste altitudini molte persone dormono male (a causa del ridotto contenuto di ossigeno nell’aria), all’interno dell’albergo si dovrà mantenere un’atmosfera pari a quella presente a 2200 m s.l.m. (come succede per gli aerei). Per entrare in questa sorta di universo chiuso gli ospiti dovranno passare in camere di compensazione. Sulle pareti esterne della vetta e della piramide, alta circa 90 metri (circa 30 piani), gli ascensori panoramici percorreranno i 190 m che separano la piattaforma sul ghiacciaio". E ancora: "La piattaforma sul ghiacciaio si trova all’estremità inferiore degli ascensori panoramici. I turisti potranno così ammirare da vicino crepacci e vette, un’esperienza che normalmente è possibile solo partecipando a escursioni guidate".
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"Tutto è cominciato nel 2004 quando la società Zermatt Bergbahnen ha bandito un concorso per la riorganizzazione del Matterhorn glacier paradise. Sono stati presentati cinque progetti. Il consiglio di amministrazione ha scelto il progetto di Heinz Julen e Ueli Lehmann dopo avere realizzato uno studio di fattibilità tecnica. Il progetto è una vera sfida, in particolare dal punto di vista della statica. Il team di progetto è composto dal Capo struttura di Zermatt Bergbahnen, Christen Baumann, da Heinz Julen (artista), Ueli Lehmann (architetto), da geologi, esperti di statica, ingegneri e altri professionisti competenti".
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Non un accenno alla follia dell'idea, alla dignità della Natura, alla "quasi Wilderness" irrisa più che violentata (il Klein Matterhorn è già antropizzato da masse di turisti che vi arrivano a bordo d'un trenino a cremagliera), soprattutto ai diritti del prossimo, di chi quella confusione e quell'artificio non vuole. E sì, perché tra le libertà dell’uomo c’è anche quella di poter godere e ammirare la Natura così com’è, immergendovisi in solitudine e silenzio. Silenzio e solitudine che, ne siamo sicuri, ci saranno perfino sul Piccolo Cervino, una volta lontani da ferrovia e funivia.
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Macché, nessun rispetto per gli amanti della Natura: solo acquiescenza verso le lobbies, strafottenza, volgarità e irrisione dei diritti di libertà degli altri. L’intera catena delle Alpi, così, viene compromessa esteticamente, il Cervino - quello vero - deturpato in modo irrimediabile, quell’obbrobio "finto", visibile a centinaia di chilometri. Il paesaggio cambiato per sempre. Nessuna fotografia, nessuna cartolina avrà più il paesaggio originale, naturale. E vedendolo da lassù, ne rideranno perfino i Marziani. Che, ovviamente, sforneranno nuove barzellette sugli svizzeri ...
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Ma forse - a me lo potete dire, voi che sarete sicuramente più esperti di me in geopolitica - forse la piccola Svizzera, aizzata da Bossi, vuole dichiarare guerra all’Europa? Sì, come nelle barzellette. Vuole la guerra? E l'avrà.
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Nella foto una simulazione al computer della vetta artificiale del Piccolo Cervino, col centro commerciale.

 

Governi all’italiana: i soldi per Arte, Scienza e Natura negati o dirottati

Due gravi vicende venute alla ribalta negli ultimi giorni allarmano tutti noi che in Italia ci battiamo per la difesa della Natura, dell’Arte e della Scienza. Un Governo di Centro-destra che, dopo aver ridotto i finanziamenti per l’ambiente, dopo aver varato una legge lassista sui beni culturali, e dopo aver tentato di liberalizzare la caccia, ha dirottato altrove - si scopre ora - una parte dei soldi destinati dai cittadini all’arte e alla cultura tramite la scelta dell’Otto per mille. E un Governo di Centro-sinistra che dovendo tagliare le spese esorbitanti dello Stato, anziché colpire gli impieghi improduttivi, i privilegi e le spese del ceto politico e delle categorie protette, decide di tagliare la ricerca scientifica, come denuncia ora la scienziata Rita Levi Montalcini.
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Non c’è bisogno di essere degli Sherlock Holmes per scoprire un inquietante parallelismo tra i due comportamenti. Si direbbe quasi che in Italia cambiano i Governi, fittiziamente divisi a puro scopo elettorale in una Destra e Sinistra di comodo, ma non cambiano malcostume e mentalità. L’Arte, la Cultura, la Natura e la Scienza "non portano voti", secondo la convinzione di un ceto parlamentare provinciale e sottoculturale. E perciò se ne possono dirottare i già scarsi fondi, o addirittura tagliarli ancor di più. Uno scandalo.
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L’Italia che è nelle ultime posizioni in Europa nella ricerca scientifica, nella tutela del patrimonio artistico e naturale, si permette oggi di avere una classe politica e amministrativa non all’altezza di una grande Paese moderno e occidentale, anzi la sua vera palla al piede. Pensiamo a come malamente Regioni e Comuni affrontano - quando essi stessi non li creano - i problemi del territorio e del paesaggio, come l'urbanizzazione selvaggia, le mille deroghe, le varie illegalità, gli impianti eolici, la mancata tutela di flora e fauna, e altro ancora.
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Al contrario del ceto parlamentare e amministrativo - e le distinzioni partitiche non ci interessano: siamo da sempre super partes - siamo convinti che non può esistere difesa della Natura, dell’Arte e della Scienza (e i tre campi sono strettamente collegati) se non c’è alle spalle una precisa scelta culturale e una decisa volontà politica, tesa una buona volta alla tutela e all’avvenire di quella che era una volta la Bella Italia.

 

Vittoria in Sardegna: no alle 71 torri dell'eolo-mostro di Buddusì e Alà

Avevano comprato il sì dei poveri abitanti del luogo - e i loro Comuni, si sa, sono sempre in bolletta - promettendo ogni anno 400mila euro di canone a Buddusì e 250mila ad Alà, due comuni della Sardegna, per impiantare in un’area di 4mila ettari le 71 torri d’acciaio della società Geo Power alte 65 metri, più una ventina di metri di pale.
Ma sarebbe stato un terribile pugno nell’occhio, un cambiamento irrimediabile della visione dei luoghi cari alle memorie di tutti, anche dei tanti turisti che visitano le colline della Gallura, oltretutto sottoposte a vincolo paesistico. Una foresta da incubo fatta di pale rotanti collegate tra loro da ben 69 chilometri di larghe strade asfaltate adatte ai camion, insomma - coniamo un neologismo - un vero "eolo-mostro" che avrebbe distrutto per sempre la bellezza aspra e mediterranea di uno dei luoghi tipici della Sardegna.
Il sindaco di Buddusì, Giovanni Satta, che con l’acqua alla gola era riuscito a placare le voci critiche di ambientalisti ed opposizione sulla licenza data con troppa fretta nel 2004 alla società eolica, ha dovuto fare macchina indietro, come riferisce sulla Nuova Sardegna una corretta Elena Laudante. Lo stop é arrivato dall’ufficio tutela del paesaggio di Sassari: il 25 ottobre ha iniziato la procedura di revoca del nulla osta paesistico. Ora l’eolo-mostro potrà essere spostato in zone industriali o già irrimediabilmente degradate, come prevede il Piano regionale. In questo caso non avremmo nulla da obiettare.
Eroici e coraggiosi, perciò, sono stati questa volta i sardi nel dire di no alla diabolica tentazione dell’eolico. C’è una ricchezza ben superiore - aveva pensato il presidente della Sardegna, Soru varando la nuova direttiva che esclude l’eolico dai luoghi di interesse paesaggistico, e questa ricchezza vuol dire l’identità della Natura sarda. Al presidente Soru va il ringraziamento di Italia Nostra, del curatore di questo sito e di tutti i difensori della Natura in Italia.
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Oreste Rutigliano, esponente storico di Italia Nostra e coordinatore nazionale del CNP (Comitato nazionale del paesaggio), così commenta la vicenda: "Le notizie sull'eolico si susseguono a ritmo incalzante. Ma ora, finalmente, qualcosa sta cambiando: sempre più gente si accorge del grande inganno. Nel frattempo, però, sempre più terre vanno perdute, se Stato ed Enti locali non si oppongono con fermezza. Qui per fortuna vinciamo, grazie a Soru, un amministratore locale che finalmente ci indica la strada del riscatto, della dignità.
"In quanto a Buddusì e Alà non li conosciamo. Ma la giornalista Daniela Serra ci assicura che si tratta di luoghi spendidi. Quello che colpisce sono i numeri, enormi per un sito solo: 71 torri, 4000 ettari di terra impegnati, 69 km di strade. L'eolico industriale si rivela sempre più una micidiale, invasiva, urbanizzazione del territorio agricolo e montano. Una nuova piaga improvvisa, impensabile fino a 3-4 anni fa, inflitta al territorio ed al paesaggio italiani dalla speculazione.
"Con buona pace di Legambiente, che non ha ancora occhi per vederla".

10 novembre 2006

 

Dal lupo appenninico alla biodiversità: tanti auguri al "fratello" Wwf

Il Wwf Italia compie 40 anni, essendo nato nel 1966, primo club ecologico in Italia, quando Italia Nostra, primo club protezionista del territorio, del paesaggio e dell’arte, esisteva già da 11 anni. Auguri vivissimi e di cuore al nostro "fratello", con il quale l’associazione fondata da Bassani, Zanotti Bianco e Croce si è poi trovata a condividere molte battaglie ambientali.
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Infatti, con gli anni Settanta e la nascita del movimento politico-culturale detto "ambientalismo" o "ecologismo" (dovendo spiegarlo a un bambino direi: "l’ecologia che si fa politica", anzi, all'inizio era politica fatta in strada, alla Pannella), i confini che in origine erano netti, tra tutela artistica, culturale, del territorio, del paesaggio, dell’ambiente e delle specie viventi, si sono molto attenuati, e oggi si può dire che esiste un grande filone protezionista, dotato di alcuni rami più specializzati.
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Molti auguri, in particolare, anche al fondatore e presidente del Wwf, il versatile e sempre giovane Fulco Pratesi, che negli ultimi anni si è interessato anche della salubrità e naturalità dell'alimentazione (e qui un po' di presunzione di aver contribuito con i miei libri alla svolta di Fulco la confesso volentieri...), ed ha voluto invitarmi alla grande festa per il 40.o anniversario svoltasi a Roma nell'Auditorium dell'università Luiss. E' stata una bella festa in cui tutto è andato bene, compreso il pranzo all’aperto nel parco. Tanta gente, giovani e meno giovani da ogni parte d’Italia, e poi testimonianze, filmati, discorsi, relazioni, monografie, interviste, coccarde, ministri, amministratori, esperti, scienziati, giornalisti, fotografi.
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Senza il Wwf, certamente, le specie animali e vegetali in Italia sarebbero meno protette, e qualcuna, forse, come l'orso marsicano del Parco d’Abruzzo e il lupo appenninico, oggi sarebbe scomparsa o in via di estinzione. E tutto si deve ad alcuni coraggiosi scienziati. Del primo grande studioso del lupo, l’allora giovane Boitani, amici e avversari dicevano che aveva imparato perfino a ululare come i lupi, a forza di frequentarli… Ebbene, dalle prime campagne sulla salvaguardia del lupo e dell’orso, fino alle moderne teorie scientifiche sulla "bio-diversità", molto cammino è stato fatto.
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Spulciando nei discorsi dei numerosi intervenuti, ci ha colpito una piccola novità, come dire, tra il politico e il semantico, rilevata non solo da me, ma anche in un’apposita email da Francesco Mezzatesta, della componente "naturalistica" dei Verdi. La positiva inversione di tendenza lessicale che ha fatto esclamare al ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio: "Basta con l’Ambiente, in cui ormai si è infilato tutto e il contrario di tutto, manca solo la "autostrada ecologica": torniamo a parlare di Natura". Bello, bellissimo, specialmente se detto da un politico.
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Infatti, le mistificazioni dell’ecologia, dell’ambiente, del finto "verde", sono ormai numerose e irritanti. Senza contare le norme aggirate, come le procedure della VIA, o valutazione dell’impatto ambientale, che ormai è una buffonata, e i lati nascosti e addirittura gli "effetti collaterali" delle più disparate iniziative definite "ecologiche" o "naturali", comprese le energie pulite o rinnovabili o alternative che dir si voglia. In realtà - ha riconosciuto il ministro - bisogna essere preparati a coglierne la faccia nascosta, il rovescio della medaglia. Tra i tanti esempi, ha fatto anche quello dell'eolico. Che "va bene - ha detto - ma poi per come viene fatto oggi, piantando una foresta di pali, non va più bene". Evviva, un ripensamento che vale oro.
E ancora tanti auguri al Wwf Italia e all'amico Fulco Pratesi..

09 novembre 2006

 

Non solo orsi, ma soprattutto aquile e avvoltoi vittime delle torri eoliche

Uno dei maggiori esperti in Italia di uccelli rapaci, Fabio Borlenghi dell'associazione Altura, che così meritoriamente si sta battendo per la sopravvivenza delle ultime coppie nidificatrici, specie nell'Italia del Centro-sud, che oggi è colpita dalla follia eolica, aggiunge anche questo aspetto gravissimo che va risolto subito. Che aspettano le autorità (spesso così poco autorevoli)? Il tema merita un articolo apposito, corredato anche di un paio di foto. Ne abbiamo una, con un rapace dalla testa mozzata dalle pale, credo di origina americana. Ma è poco chiara. Le pale si vedono solo nella foto ingrandita, lungo il crinale sullo sfondo. Speriamo di trovarne un'altra migliore. (n.v.)
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Non sono solo gli orsi marsicani minacciati dal progetto eolico della Serra Lunga in Abruzzo, ma anche una splendida coppia di aquile reali che nidifica a pochi chilometri di distanza.
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Studi scientifici effettuati dall'Università di Santa Cruz in California hanno dimostrato come questi impianti, se posizionati in territori frequentati da grandi uccelli veleggiatori, quali aquile e avvoltoi, costituiscono una grave minaccia per la loro sopravvivenza.
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Le poche aquile reali rimaste nel nostro Appennino sopravvivono cacciando prevalentemente lepri sui crinali e i fianchi nelle zone aperte di queste montagne. La presenza delle torri eoliche in queste zone può trasformarsi in un vero e proprio tritacarne per questi stupendi rapaci.
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E' urgente quindi una normativa nazionale varata dal Ministero dell'Ambiente che escluda le più importanti aree a valenza naturalistica e paesaggistica dall'installazione di questi insediamenti industriali.
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FABIO BORLENGHI, Segretario di Altura (Ass. per la tutela degli uccelli rapaci e dei loro ambienti)

 

Lo scempio delle torri eoliche nel Parco d'Abruzzo (e in tutta l'Italia)

Oggi un’articolo sul Corriere della Sera di Fulco Pratesi, Presidente del Wwf Italia, lancia un appassionato appello per l’orso marsicano, minacciato nel suo habitat da un progetto approvato di 26 torri eoliche di oltre 100 m di altezza. Viene alla luce che l’assalto dell’industria eolica è sempre più incombente e senza regole. E nonostante le promesse dell’ANEV [l'Associazione Energia del Vento, che unisce le ditte produttrici, NdR], procede cinicamente nel cuore stesso della ultima Wilderness italiana.
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Noi aggiungiamo che se oggi si mette a rischio l’orso marsicano, appena ieri sono stati compiuti attentati contro il patrimonio storico e paesistico dell'Italia. Il castello di Montepò, arroccato saldamente alle rocce della Maremma convive oggi con torri da 110 metri che gli tolgono il suo respiro millenario, là dove nasce il Morellino di Scansano.
E, ancora, Agnone, la piccola "Firenze del Molise", guarda stupita le più grandi macchine industriali mai costruite dall’uomo che un comunello le ha sbattuto in faccia, nonostante le proteste del sindaco di quel prestigioso centro storico.
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Le stesse Perugia, Gubbio e Cascia rischiano di vedere adulterate le loro quinte naturali. E intanto piccoli, poco conosciuti, ma non meno importanti paesi e borghi medievali del Centro-sud le torri eoliche già se le trovano addosso, sui crinali che li incorniciano.
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Salviamo l’orso e la nostra Wilderness, certo, ma salviamo anche con regole ferree il patrimonio paesaggistico e storico culturale, come ci impone l’art. 9 della Costituzione. Nessuno ci ordina di saldare il conto di Kyoto con l’eolico. Ci sono tanti modi, a cominciare da tutte le forme di utilizzazione del solare (e intanto uno scienziato come Rubbia lo abbiamo fatto emigrare in Spagna...) che sono assolutamente compatibili con i caratteri speciali del nostro Paese, piccolo e stretto,denso di abitanti e di monumenti, dove basta poco per devastare la Storia, la memoria, i nostri valori culturali irripetibili..
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CARLO RIPA DI MEANA, Presidente Italia Nostra, Presidente onorario CNP (Comitato Nazionale del Paesaggio)
ORESTE RUTIGLIANO, Coordinatore nazionale CNP (Comitato Nazionale del Paesaggio)

07 novembre 2006

 

Italia Nostra: le cronache delle sue battaglie viste dal di dentro

Italia Nostra. E' stata fondata nel 1955, quasi per caso, dopo il buon esito d'una campagna d'opinione contro il folle progetto di sventramento degli antichi rioni tra Trastevere e piazza di Spagna, a Roma. E così nacque, come naturale continuazione di quell'impegno, per iniziativa degli esponenti della migliore intellettualità laica italiana, tra cui l'archeologo Umberto Zanotti Bianco, discepolo di Benedetto Croce, nominato senatore a vita da Luigi Einaudi, Elena Croce, lo scrittore Giorgio Bassani, l'umanista e scrittore Pietro Paolo Trompeo, la combattiva aristocratica Desideria Pasolini Dall'Onda, il collezionista e intenditore d'arte Luigi Magnani Rocca, e Hubert Howard, diplomatico inglese sposato ad una Caetani e fervido amante della natura.
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Votata per statuto alla "tutela e alla valorizzazione del patrimonio storico, artistico e naturale della Nazione", Italia Nostra è stata per anni l'unico, ed è tuttora il più importante, organismo di tutela dell'ambiente artistico e urbanistico in Italia, la prima associazione, in questo Paese morbosamente attratto dal Brutto, anzi, peggio, dal Volgare, ad avere il coraggio di ricercare e difendere il Bello, la sola per oltre un decennio ad occuparsi di paesaggio e territorio. Nel 1955, quando nacque, non c'era niente di vagamente simile, e lo stesso Wwf Italia, che però all'inizio si caratterizzava quasi unicamente per campagne animalistiche (orso, lupo ecc), sarà fondato solo nel 1966, undici anni dopo.
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Italia Nostra ha percorso in parallelo con la propria storia il cammino dell'Italia che allora emergeva negli anni turbinosi del cosiddetto "miracolo economico" e che incontrava le difficoltà di ogni sviluppo frenetico e convulso: territorio urbanistico degradato, abusivismo edilizio, piani regolatori inesistenti o aggirati, patrimonio artistico in rovina, illegalità d'ogni genere, brutture costruttive, distruzione del Paesaggio e delle memorie storiche. .
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Contro i primi scempi dell'Italia del "benessere", mentre già attorno alle città storiche si estendevano le periferie invivibili e le borgate, Italia Nostra insorse da sola e in modo autorevole, acquistando subito grande credito presso la cultura, l'opinione pubblica illuminata e la stampa laica (dagli scritti di Bassani alle denunce di Cederna sul Mondo di Pannunzio e sul Corriere della Sera, all'inchiesta "Capitale corrotta, nazione infetta" di Cancogni sull'Espresso). Alla nascente borghesia dei commerci, dell'industria e delle professioni, Italia Nostra insegnò che accanto alla crescita economica un Paese civile ha a cuore la tutela dell'arte, della Bellezza e del paesaggio. La sua fu, in quegli anni, una grande opera di "pedagogia sociale", anzi, addirittura morale.
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I "beni culturali", vere e proprie testimonianze di civiltà, i centri storici, le grandi scelte urbanistiche e i problemi del territorio, i parchi nazionali, l'ambiente, la questione energetica, la viabilità e i trasporti, l'agricoltura, il mare, le coste, le isole, i musei, le biblioteche, gli archivi storici: ecco alcuni dei capitoli più importanti dell'attività svolta nei decenni da Italia Nostra, spesso sulla base di ricerche approfondite condotte autonomamente dai propri esperti. Tutto questo è ormai parte del patrimonio culturale del Paese, come lo sono i suoi famosi convegni, i libri bianchi, perfino l'opera di divulgazione nelle scuole.
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Ma Italia Nostra sa stare al passo coi tempi, smentisce l'accusa di lentezza, e si adegua alle nuove forme di comunicazione. Perciò apre un blog. Questo originale sito, dedicato all'attualità, alle cronache, alle nuove battaglie per l'arte e l'ambiente, alla comunicazione, alla stampa, alle testimonianze che arrivano giorno dopo giorno dall'interno dell'associazione e da tutto il mondo ambientalista esterno, Italia Nostra lo dedica innanzitutto alla propria storia, ai propri fondatori, all'idealismo e all'eleganza d'un Bassani, alla forza e alla vis polemica d'un Cederna. Nella speranza che, grazie ai nuovi strumenti informatici, si perfezioni col dibattito e il confronto di idee quella continuità ideale col passato che è sempre stata il fondamento della sua azione di tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio artistico della Bella Italia.

Italia Nostra, che è strutturata in circa 200 sezioni locali attive in tutte le regioni d'Italia, sta per inaugurare la sua nuova sede sociale. Il nuovo indirizzo è: via Sicilia, n.66, 00187 Roma.
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Auguri a noi stessi, perciò, e a tutti voi che ci seguirete e, ne siamo certi, ci aiuterete a far conoscere all'esterno questo nuovo sito, che vuole essere agile, brillante, "di battaglia", ma anche di dialogo tra le sezioni di Italia Nostra, e tra la nostra associazione e i cittadini.
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Il curatore del sito. Nico Valerio, che ha creato il blog e ne cura ogni giorno la redazione, è laureato all’Università Statale "La Sapienza" di Roma (dove è stato direttore del giornale dell’Università), ed è da molti anni scrittore scientifico, saggista, conferenziere, giornalista culturale, commentatore e critico. E' anche docente di psicologia, ed esperto di psicologia della comunicazione. Ha scritto tredici libri di divulgazione e manualistica, soprattutto su alimentazione, medicina, costume e storia (Mondadori e altri editori), oltre a più di mille articoli e inchieste, per lo più di cultura, critica e costume, per quotidiani (Repubblica e altri), settimanali (Mondo, Espresso, Panorama e altri), mensili, radio-tv.
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E’ stato precursore e poi protagonista del movimento ambientalista, fondando nel giugno 1975 a Bologna la Lega Naturista, in Italia il primo club "ecologista", che cioè per la prima volta applicava i metodi politici e comunicativi dei liberal anglosassoni all'ecologia e al salutismo ("alla radicale": uomini-sandwich, azioni dimostrative, denunce, firme ecc). Lo scopo, quello di diffondere e di interpretare in modo rigoroso e scientifico tutti i temi del rapporto uomo-natura, secondo l’interdipendenza tipica del Naturismo e della scuola ippocratica: alimentazione e medicine naturali, ecologia e agricoltura, inquinamento e autosufficienza, risparmio ed energie alternative ecc.
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Teorico severo della conservazione del patrimonio naturale, culturale e artistico italiano, ma anche d'un modo coerente di vivere personalmente secondo natura, ha avuto un grande seguito negli ambienti laici e riformatori della società, specialmente tra i giovani e le donne. Ha influenzato con i suoi club e i suoi libri opinion makers e giornalisti, ma anche intellettuali e futuri dirigenti ecologisti come Grazia Francescato, Dacia Maraini, Fulco Pratesi, Carlo Consiglio, Annamaria Procacci, Carla Rocchi. Proponendo e motivando, primo in Italia, nel '75, il no alla caccia e agli zoo, ha favorito la nascita - da due soci della sua stessa Lega Naturista - della Lega per l’abolizione della caccia (Carlo Consiglio, 1978) e della Lega italiana per i diritti degli animali (Laura Girardello, 1977). Nel 1978 ha ideato e proposto, insieme con altri gruppi, il I Referendum anti-caccia, e ne è stato il presentatore ufficiale nella conferenza d’apertura (cfr. foto di copertina sulla rivista venatoria Diana). Nel 1977 (grande manifestazione a Pian de' Cangani, vicino a Montalto di Castro) e nel 1978 ha fatto parte con la sua Lega Naturista del grande movimento anti-nucleare di Nicola Caracciolo, Gianni Mattioli e Massimo Scalia.
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Nel 1984 è stato tra i fondatori dei Verdi romani, che si costituirono nella sede che la Lega Naturista divideva con gli altri club ambientalisti, in via Magenta, a Roma. Dal 1986 ha fatto parte dei Verdi nazionali, per i quali è stato più volte candidato. Ma essendo fautore d'un ambientalismo rigoroso e scientifico, senza mediazioni o strumentalizzazioni politiche, e soprattutto interpretato da attori coerenti e personalmente credibili, si è ben presto disamorato della politica ambientalista all'italiana, interessata in realtà solo al potere, e si è dedicato negli ultimi anni a scrivere libri e articoli.
Vive e lavora a Roma.
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Per comunicazioni al curatore e proposte di articoli o note sul presente sito si può utilizzare l'indirizzo email riportato nel colonnino a sinistra ("Contatti").
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Immagini (dall'alto): il bel rosone del Duomo di Orvieto (Andrea di Cione, detto l'Orcagna. 1359-1380), veduta di Portofino dal mare, il logo di Italia Nostra.

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