14 novembre 2006

 

Restauri e misteri: il Caravaggio segreto degli Odescalchi e il "grandangolo"

I restauri, si sa, sono il principale punto dolente della conservazione del patrimonio artistico, specialmente nella pittura. Non capita spesso che il proprietario privato possa accollarsi il restauro d’una grande opera. Per fortuna di tutti gli amanti della grande arte, questo è accaduto per un’opera poco nota, quasi segreta, del Caravaggio, la prima versione della "Conversione di san Paolo" che il pittore dipinse su tavola di legno di cipresso, prima della ben nota e omonima seconda versione su tela esposta a S. Maria del Popolo, a Roma.
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Ora, terminato il restauro, la famiglia Odescalchi ha concesso la rara tavola caravaggesca della prima versione all’ammirazione dei romani e dei turisti (fino al 25 novembre), e proprio nella medesima chiesa dove dal 1605 è esposta la ben nota seconda versione su tela. Il quotidiano francese Le Monde ci fa sopra un articolo interessante. La "Conversione di San Paolo" - ricorda il giornale - era stata commissionata al Caravaggio da Tiberio Cerasi, ministro del Tesoro di papa Clemente VIII, che aveva appena acquistato la cappella.
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Come mai, allora, dal 1605 abbiamo di fronte l’opera in tela? Altro che "rifiutata" dal committente, come vuole la leggenda. Al contrario, la prima versione su tavola deve essere stata rifiutata per un ripensamento dello stesso autore, come oggi lascia ritenere il confronto diretto tra le due versioni. L’opera originaria su tavola, infatti, non poteva essere ammirata nella troppo corta cappella costruita nel frattempo dall’architetto Maderno.
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Quando Caravaggio si rese conto che mancava addirittura lo spazio per indietreggiare e avere il colpo d’occhio totale dell’opera, capì al volo che doveva rifarla. Ma cambiando lunghezza focale - diremmo oggi con linguaggio da ottica fotografica - cioè non più usando un obiettivo normale, diciamo da 50 mm. "L'effetto ottenuto dalla seconda versione corrisponde a una fotografia presa al grandangolo da un metro e mezzo di distanza", ha dichiarato a Le Monde Rossella Vodret, sovrintendente del patrimonio storico e artistico del Lazio e commissaria della mostra.





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