18 novembre 2006

 

Il super-convegno FAI delinea il futuro dei beni culturali in Italia

Siamo laicamente "ottimisti della volontà, ma pessimisti della ragione", e perciò convinti che proprio per il tipo di selezione psico-antropologica che si determina nella politica in Italia, nessun Governo, nessun partito, voglia davvero battersi per la Cultura, l'Arte, il Paesaggio e la Natura. Malgrado le belle parole avvocatesche per cui i politici italiani sono famosi nel mondo.
Perché in un'Italia ultima per lettura di libri nell'Europa sviluppata - tralasciando altri parametri - è un facile alibi per un ceto politico sottoculturale sostenere che "la cultura non porta voti".
I voti? Forse è così, anche se sull'argomento ci sarebbe da discutere. A saper comunicare - cosa che in Italia non si sa fare - perfino la tutela dell'Arte e della Natura verrebbero capite dalla gente.
Ma perché parlano sempre di voti? E le loro idee? Le hanno o no? E se i partiti italiani decidessero con un accordo virtuoso che Natura, Arte, Cultura e Scienza non sono questioni partitiche ma superiori agli schieramenti, insomma bipartisan, e che quindi non devono servire a contarsi o a rubare voti all'avversario?
Invece, abbiamo visto come il Governo precedente ha trattato i Beni culturali: tentando di porli in vendita. E ci è voluta la sollevazione di uomini di cultura per limitare i danni. Stiamo vedendo come il Governo attuale tratta i Beni culturali: eliminandoli dalla legge finanziaria. E ci è voluto l'aut-aut della benemerita scienziata Levi Montalcini, e la solita protesta corporativa, per reperire all'ultimo minuto qualche spicciolo.
Perciò, dopo le delusioni avute dal ministro Urbani e dal "Governo dei condoni", vogliamo credere al vicepresidente del Consiglio e ministro della cultura, Rutelli. Ma la storia politica recente non ci autorizza a illuderci troppo. (NV)
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Sul Convegno intorno al futuro dei beni culturali che il FAI ha organizzato nei giorni scorsi a Roma, riportiamo la cronaca del prof. Antonio Tamburrino:
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A proposito del Convegno del FAI
Il futuro dei Beni Culturali
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Il grande convegno organizzato dal FAI (Fondo per l'ambiente italiano) il 10 novembre scorso sul futuro dei beni culturali, ambientali e paesaggistici ha posto una pietra miliare per il Paese. Innanzitutto per l’autorevolezza dei partecipanti. I vertici delle istituzioni, dell’economia e della cultura, c’erano tutti, ma proprio tutti. Da Napolitano a Montezemolo, da Veltroni a Rutelli, da Settis a Giavazzi. E poi per le proposte innovative, accolte con unanime consenso.
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Nella gremitissima aula magna della Confindustria c’era però un’assenza: i giovani. Ma non ci si è dimenticati di loro, perché si è parlato del futuro. Poi avremo tempo di spiegare agli assenti che cosa si sono persi, e che cosa comunque stiamo preparando per loro. Ma come sarà questo futuro?
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La grande novità annunciata è che l’annoso ed aspro conflitto fra sviluppo ed ambiente sarà finalmente avviato a soluzione. Lo ha dichiarato ufficialmente Rutelli, ministro dei Beni Culturali, nonché vice-presidente del Consiglio. Le due mosse vincenti saranno le seguenti.
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La prima è che "la priorità assoluta dell’Italia verrà assegnata alla crescita economica". La seconda e decisiva mossa sarà: "il grande patto nazionale per la cultura". In pratica d'ora in poi "il patrimonio culturale deve essere un volano per l’economia e una missione per il Paese, non un ostacolo per il profitto, un fardello da gestire per governi miopi".
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L’obiettivo sarà concretamente raggiungibile con una continua crescita dei flussi turistici, che non devono più limitarsi alle grandi città d’arte, ma devono diffondersi anche nei piccoli centri e, infine, coinvolgere l’intero territorio nazionale. Per far questo avremo però bisogno di nuove e fresche energie e, per questo, sarà reintrodotto in tutte le scuole lo studio della storia dell’arte.
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Tutto bene, se non per il vago sospetto che la straordinaria creatività del passato, che ha soggiornato a lungo nel nostro Paese, e che ci ha lasciato in dote un inestimabile patrimonio di arte, di scienza e di ambiente, si sia poi presa una lunga pausa sabbatica.
ANTONIO TAMBURRINO





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